Era ancora luna chiara(…). Giovane luna. (…) A casa c’era poco. Voi figli uscivate coi pantaloni gonfi di fichi secchi, le domeniche le passavamo con della pasta d’orzo, con bocconi che m’ingegnavo d’insaporire per voi signorini seduti su sedie altissime. Qualche volta cuocevo dei sciscèri di pollo, qualche altra volta si ammazzava una pecora che stava male, poi c’era il pane cotto e il lardo che tutto condiva... (…) La madre. La mar. La scorta della monda. Cioè, grossi rami inutili ma soprattutto le giovani cime, a colpi di forbice e serracchio, per impedire la crescita, per impedire quell’avanzo in armonia di un albero bello si, temerario si, ma senza frutto. (…) La letteratura di questa gente magra, dalle mani callose, è fatta di fole e di angiolesse, di orchi benevoli, di Tao che girano a mezz’aria, di spiritelli biricchini, di donne di pasta cresciuta, di fibule, glimpe, pènule, di purissimi cavalieri che di notte riposano sui tetti basi delle case bianche, o nelle corti, sotto la prèula, accanto al gelsomino, o in stabule di campagna sopra lettiere di sarmenti… Cambia, cambierà, di molto il volto della campagna, degli aggregati umani, di interi paesi: è cambiato dal dopoguerra ad oggi, cambierà ancora tra due tre generazioni. E cambieranno naturalmente anche abitudini, modi di lavoro, rapporti; ecco, quello che non cambierà mai sarà l’idea del dialogo con la terra che l ‘uomo ha stabilito dal tempo dei tempi, il grosso respiro, il sibilo lungo che si può udire solo di mattina, mirando nella vastità dei campi, con accanto sentinelle silenziose gli alberi d’argento….